PARTECIPANZA AGRARIA DI NONANTOLA

Dalla carta di Gotescalco all'Ente Morale

Questo documento, conservato presso l’Archivio Abbaziale di Nonantola, incise profondamente sulla vita della comunità sorta intorno ad uno dei più importanti monasteri d’Europa in quanto fissava quelle speciali convenzioni economiche e sociali che diedero inizio alla consuetudine dello sfruttamento comune dei beni abbaziali, legando con un vincolo fortissimo gli uomini di Nonantola alla loro terra. L’Abate concesse in perpetuo a tutti gli abitanti del luogo, divisi in maiores, mediocres e minores, secondo l’estrazione sociale, il privilegio del godimento dei diritti fondamentali riguardanti la libertà della persona, il diritto d’uso della terra coltivabile posta entro i confine del territorio nonantolano ed una vasta estensione di boschi, paludi e prati da poter sfruttare per il pascolo e il legnatico. L’Abate stabilì le rogle per poter usufruire di tali privilegi: in primo luogo l’obbligo della residenza , la trasmissione ereditaria della terra per via mascolina, l’onere della costruzione di tre quarti delle mura di fortificazione del borgo e quello della difesa del monastero e del territorio di Nonantola contro tutti i nemici.

 
 
 

1442: il Rogito del notaio Andrea della Cappellina 

 

La Carta dell’Abate Gotescalco venne sostanzialmente rispettata e i terreni denominati Valle e Bosco sfruttati nel corso dei secoli XI, XII,XIII. Verso la metà del secolo XIV una diversione del corso del fiume Panaro, che abbandonò il suo antico letto provocando rovinose alluvioni, impose alla comunità di Nonantola un formidabile sforzo di bonifica delle terre della Valle che, essendo le più basse, erano diventate il principale e naturale bacino di raccolta delle acque del territorio. Le opere di bonificazione realizzate tramite lo scavo di nuovi fossi di scolo permisero la messa a coltura di una serie di nuovi terreni. Da questo aumentato potenziale produttivo ebbero inizio le discordie tra il popolo e l’Abbazia di Nonantola. Quest’ultima, contravvenendo alle disposizione del 1058, cominciò a rivendicare diritti su questi terreni bonificati oggetto dell’antica concessione sollevando le vibranti proteste dei contadini di Nonanatola. Fu necessario l’interveto del Duca d’
Este (nel 1412 Nonanatola era entrata a far parte del Ducato Estense) che nel 1426 riconfermò agli uomini di Nonantola l’uso della Valle. Ma le discordie non cessarono e fu nel 1442 che il Comune di Nonantola, di cui esistono documenti a partire dai primi decenni del XIII secolo che si dotò di propri statuti e propri organi rappresentativi dal 1419, mediante il rogito del notaio Andrea della Cappellina ottenne dall’Abbazia la gestione amministrativa di Bosco e Valle. Da questo momento fu il sindaco, cioè il rappresentante del Comune, a rinnovare la concessione agli uomini di Nonantola che si erano impegnati a versare i canoni previsti nel rogito: ogni anno quattro doppieri di cera nuova e ogni 29 anni un vitello “bel cornuto” del peso di 25 libbre.
Nel secolo XIX il Comune, che inizialmente si identificava con i cittadini originari, cioè l’insieme dei partecipanti, ruppe progressivamente questi antichi limiti, si allargò a tutti i cittadini residenti anche non originari e prese vita per gradi l’Ente Partecipanza Agraria. L’affrancazione della gestione comunale fu lenta e travagliata e fu con la legge n° 397 del 4 agosto 1894 che la Partecipanza venne riconosciuta, insieme alle altre Partecipanze emiliane, come Ente Morale avente personalità giuridica propria.